Alta finanza
Nonostante questa premessa trovo che “Alta finanza” sia un libro che valga la pena leggere, soprattutto per chi è appassionato delle storie che ruotano attorno al mondo, neanche a dirlo, della finanza. Con questo romanzo Ken Follet ci guida attraverso i torbidi misteri della Londra degli anni settanta, facendo lo slalom tra intrighi amorosi e finanziari, immischiati anima e sangue con il giornalismo e la politica.
Tutta la narrazione ruota intorno ad una truffa finanziaria che si svolge nell’arco di una singola giornata. Un solo giorno, dalla mattina alla sera, dove succede veramente di tutto. Conosceremo diversi personaggi tra luci e ombre e sarà divertente ed intrigante andare a scoprire come ognuno di loro è coinvolto, e quanto compromesso, in questa unica vicenda dalle innumerevoli biforcazioni, come un ragno che tesse in silenzio i mille fili di un’unica ragnatela. Tra prede e predatori, vittime e carnefici, Follett è magistrale nella caratterizzazione dei suoi protagonisti oltre a saperci illustrare tutti i risvolti e le conseguenze che ognuno dovrà affrontare per ottenere l’agognato successo o rimanere semplicemente “a galla”. Dagli incravattati della “city” che si affollano nei palazzi della borsa, passando dai grandi politici con l’impiccio dei giornalisti, fino a scendere alla criminalità organizzata e giù ai delinquenti che popolano le strade londinesi.
Quando il sottosegretario al Ministero dell’energia Tim Fitzpeterson, alle sei di quella folle giornata, si risveglia ammirando la splendida donna dai capelli rossi nel suo letto, non può che pensare di essere un uomo fortunato. Ma la fortuna non è mai gratuita e quando irromperà nella stanza Tony Cox, imprenditore poco raccomandabile, al sottosegretario sarà chiaro di essere caduto in una trappola e di dover rivelare informazioni preziose per poter salvare la sua faccia e la sua reputazione.
Nel frattempo iniziano a delinearsi anche le vicende dell’affarista Felix Lasky, sempre in cerca di nuovo denaro e nuove opportunità di investimento, interessato a scalare le gerarchie acquistando strategicamente le azioni di una società sull’orlo del fallimento, il cui proprietario è Derek Hamilton. Un uomo in bilico tra il rassegnarsi a lasciare andare quella che è l’unica eredità familiare, ammettendo di non aver saputo raccogliere degnamente il lascito del padre, mollando al primo offerente per dedicarsi alla famiglia e l’amore riscoperto per la moglie cercando di recuperare un rapporto ormai logoro. Oppure dar retta al suo orgoglio e immolarsi nel disperato tentativo di salvare l’azienda. In qualche modo questi personaggi saranno collegati da un filo conduttore proveniente dalla stessa matassa che il giovane reporter Arthur Cole si troverà fra le mani quasi per caso e proverà a districare per far luce su una serie di fatti poco chiari.
Sarà pur considerata un’opera minore dello scrittore, ma le sue indubbie capacità di romanziere erano già limpide. Tra le pagine ci tuffiamo nell’affannata e febbrile vita londinese degli anni settanta e ne gustiamo le sfumature.
Una storia quindi ben architettata e coinvolgente che sazia chi ama gli intrighi legati al mondo della finanza e i fan dello scrittore che pur avendo letto le sue opere maggiori ne vogliono riscoprire gli albori.
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