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La macchina del tempo

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Probabilmente non lo facevano ancora gli uomini primitivi, ma sono sicuro che l’essere umano abbia, più o meno da sempre, fantasticato sul viaggiare nel tempo. Che sia nel passato o nel futuro, quanto sarebbe bello poter rivivere quanto già successo nella nostra epoca storica preferita, oppure andare a sbirciare quello che ci aspetta nei prossimi anni? Una macchina del tempo vera e propria ancora non siamo stati in grado di inventarla, ma per viaggiare nel tempo l’essere umano ha comunque a disposizione uno strumento di una potenza inaudita: l’immaginazione. Certo, forse non della massima precisione, uno strumento che rischia di lasciarsi andare troppo alla volontà del suo utilizzatore, ma uno strumento comunque fantastico. Libri, racconti, film, serie tv e chi più ne ha più ne metta. Le storie riguardo ai viaggi nel tempo sono sconfinate. Potremmo stare qui per ore, forse giorni, a citare tutte quelle esistenti o ad inventarne di nuove. Il libro di cui vi voglio parlare oggi è uno

Auschwitz Ero il numero 220543

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Alcuni ricordi li vorremmo cancellare, altre volte ricordare è semplicemente necessario e doveroso, come monito di un passato da non ripetere. È da poco passata la giornata della memoria, universalmente riconosciuta nel giorno del 27 gennaio. Memoria indelebile di uno dei periodi più bui della storia mondiale e per la prima volta ho voluto dedicare una lettura su questo. La letteratura, così come il panorama cinematografico, riguardo la Seconda Guerra Mondiale è sconfinata, un periodo crudele quanto affascinante che a volte siamo abituati a vedere romanzato soprattutto sul grande schermo. Altre volte si ha invece l’impressione che qualcosa sia stia sbiadendo a mano a mano che le testimonianze viventi spariscono. Ci rimangono quindi le parole scritte da chi ha vissuto quel periodo lasciandoci il suo ricordo. Proprio da poco ho recuperato un romanzo che forse non è tra i più conosciuti, pur avendo un punto di vista molto particolare. Un libro che ho letto per la prima qualche anno

Il Signore delle Mosche

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Dopo una breve pausa dalle letture nelle pause natalizie, si riprende l’anno da dove si era lasciato. E come poter iniziare questo nuovo anno che speriamo sia carico di aspettative, dopo gli ultimi difficili anni appena trascorsi, se non parlando di sopravvivenza. Il tema dell’uomo, o un gruppo di uomini, dispersi su un’isola deserta è forse fin troppo inflazionato nella letteratura e nella cinematografia. Ci sono degli esempi arcinoti come “Robinson Crusoe”, il famoso romanzo di Dafoe, oppure “Cast away”, un grande classico per gli amanti del cinema, o ancora per gli appassionati di serie tv e gente dispersa su isole lontane e misteriose possiamo citare “Lost”. Non si può dire che il libro di cui parlerò in questo articolo sia un vero e proprio precursore, ma è sicuramente un romanzo che in qualche modo ha fatto la storia di questo filone di racconti diventando un classico del ‘900. “Il Signore delle Mosche” di William Golding ci trasporta su un’isola deserta con un accenno ad u

Il padre infedele

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Questa volta non ci aspettano viaggi in posti esotici, cacce interminabili a assassini o arcani misteri da scoprire. O forse Scurati, lo scrittore di questo libro, prova a togliere il velo da un segreto irrisolvibile: l’essere umano. Anzi, ancora peggio, l’essere umano che diventa genitore. “Il padre infedele” è il romanzo di Antonio Scurati che ho da poco finito di leggere. Un libro utile e rivelatore in un certo senso non solo per chi è già papà o per chi sogna di diventarlo, più ai primi che ai secondi per alcune pieghe che prende la storia, ma in linea generale è un libro che aiuta a capire la mentalità dell’uomo e quindi ritrovarsi un po’ in certe dinamiche che ci riguardano da vicino. Questo non significa però che sia un libro prettamente maschile, anzi può essere una chiave di lettura interessante per il sesso opposto che magari vuole provare a comprendere meglio l’altro universo. Perché anche se è vero che le donne sanno essere “dolcemente complicate”, come cantava Fiorella M

Neuromante

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Di questi tempi si dice che siamo “iperconnessi”, grazie ad internet ed ai nostri smartphone possiamo in qualsiasi momento recuperare informazioni o altre cose che più ci interessano senza faticare troppo. Non è certo una novità, anzi per la maggior parte di noi è una cosa assolutamente normale, tanto che se anche per poco tempo ci dovessimo trovare senza cellulare molti si sentirebbero perduti, come ritrovarsi bendati in mezzo ad un bosco, di notte. Per quanto ovvio non è sempre stato così, c’è chi tanti anni prima di noi ha provato ad immaginare e raccontare la sua visione del futuro, e incredibilmente qualcuno non ci è andato neanche troppo lontano. Orwell ad esempio aveva immaginato il suo 1984 come un anno in cui l’umanità era completamente schiava di un sistema politico oppressivo. Ci siamo arrivati? Forse sì, forse no, forse qualche anno dopo. Di questo libro ne parleremo magari un’altra volta, ma mi piaceva il collegamento proprio perché nello stesso anno immaginato da Orwell

Appunti di un venditore di donne

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Oggi parlerò di un libro che ho letto diverso tempo fa, ma che mi è rimasto impresso e mi è tornato in mente scorrendo i titoli della mia libreria. Una storia cruda, sconvolgente e a tratti straziante che si infila nel sordido tessuto mafioso alle spalle della nascita della Milano da bere, all’alba dei primi anni ’80. Quelli che inseguito verranno chiamati gli anni di piombo. Torniamo quindi in questo periodo particolare a parlare di politica e di guerra, fortunatamente oggi non come quella di quegli anni, ma forse è proprio per gli argomenti simili che mi è tornata in mente questa lettura. L’autore Giorgio Faletti, i cui romanzi ci mancano ormai già da otto anni, è bravissimo a ricreare un’atmosfera noir definita anche all’italiana, che si discosta dai tipici gialli americani meno cupi e cervellotici e più incentrati su pallottole e muscoli. Un romanzo che si lascia divorare tutto d’un fiato per la trama incalzante che già dalle prime righe ci colpisce come un pugno a freddo, drit

La fattoria degli animali

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In attesa delle fresche uscite del prossimo autunno a risollevarci da questa estate rovente ho deciso di riprendere in mano un classico evergreen, di quelli che non appassiscono mai. Certo la delicata situazione mondiale e specialmente quello che stiamo vivendo in Europa hanno contribuito a farmelo tornare in mente. Se aggiungiamo anche il fatto che presto ci ritroveremo alle urne con una matita e una scheda davanti, questa favola torna alla ribalta come se fosse stata scritta ieri. Mi sono sempre stupito di come certi libri riescano ad essere attuali pur essendo stati scritti diversi anni prima. “La fattoria degli animali” di George Orwell, per quanto discusso, fu pubblicato la prima volta nel 1945 dopo che l’uscita fu ritardata in attesa della fine della guerra proprio per le implicazioni che i chiari riferimenti alla situazione dell’epoca potevano scaturire. Lo scenario politico era un po’ diverso da quello di oggi, neanche troppo, o forse solo mascherato diversamente. Molti