Storia proibita di una geisha
Questo mese stravolgiamo completamente le abitudini della rubrica. Vi parlerò di un libro documentario molto lontano dai thriller, gialli o i romanzi d’avventura che leggo solitamente e anche geograficamente ci spostiamo verso paesi meno esplorati, almeno dai grandi bestseller che solitamente popolano gli scaffali delle nostre librerie. Parlo del Giappone, paese ovviamente non sconosciuto, ma forse non così esplorato dal lato della letteratura.
Ammetto di avere un
debole per la cultura giapponese. Mi hanno sempre affascinato le loro
tradizioni millenarie così originali e stravaganti, molte volte incomprensibili
ai nostri occhi, a cui il popolo è molto legato. Tradizioni e costumi che
sopravvivono negli anni nonostante l’inarrestabile progresso tecnologico.
Progredire pur mantenendo le radici ben piantate nella propria storia senza che
questa si in qualche modo un freno.
Sono anche appassionato
di manga, alter ego dei nostri fumetti che si leggono rigorosamente al
contrario, da destra verso sinistra. E di tanto in tanto mi è capitato di leggere
qualche romanzo o saggio come quello che vi propongo oggi. Sono letture che si
differenziano molto per lo stile di narrazione rispetto agli scrittori europei
e americani.
Ma tornando al libro del
giorno, scommetto che ai più non risulta un titolo anonimo, perché quando uscì
ebbe un discreto eco mediatico per i suoi contenuti e per quella voglia che
questo libro ha di sfondare la più resistente delle barriere: il pregiudizio.
“Storia proibita di una
geisha” della scrittrice Mineko Iwasaki è un’autobiografia pronta a scardinare
tutte le false credenze che ci sono dietro la figura della geisha,
letteralmente artista, o meglio geiko, donna d’arte, come preferiscono
definirsi le donne che intraprendono questa singolare professione.
Ovviamente non si può
riassumere in un solo libro trecento anni di storia dei karyukai, i quartieri
speciali dove si coltivano e si assaporano i piaceri estetici e dove vivono
queste professioniste dell’arte. Ma ascoltare, o meglio leggere, la storia
personale della geisha più famosa del quartiere Gion, della città di Kyoto, è
un ottimo inizio per iniziare a comprendere un pezzetto di questo mondo
lontano. Kyoto è la città più rappresentativa del Giappone per quanto riguarda
questo tipo di tradizione e Mineko Iwasaki ne è stata la donna di maggior
successo.
Ma perché il libro si
intitola “storia proibita”? Per quanto questo titolo potrebbe buttare benzina
sul fuoco della falsa credenza, se vi aspettate sordide descrizioni di scene
dedicate ad un pubblico solo adulto forse non è il libro che fa per voi.
L’aggettivo proibito in questo caso si riferisce a ben altra questione.
In tanti anni non era mai
stata raccontata la storia di questa figura mistica del Giappone antico lasciandola
sempre avvolta nell’ombra. Il silenzio, una regola non scritta ma obbligata e
il peso della tradizione oltre che la sacralità di questa professione non hanno
mai permesso di alzare il velo del mistero. Ma Mineko Iwasaki ha deciso di
raccontarcelo e tramandare cosa significa realmente vivere la vita della
geisha. Una vita soffocante fatta di regole ferree e sacrifici.
Quindi la
scrittrice/narratrice ci guiderà attraverso la sua vita e l’avvio di questa
professione intrapresa già a cinque anni, trasportata dall’amore e la dedizione
per la danza. Ci racconterà i grandi sacrifici affrontati e il peso che ha
dovuto sopportare fino a diventare la geisha più famosa del Giappone. La
determinazione che ci è voluta per essere la migliore, fino al giorno che ha
deciso di abbandonare questa vita.
Ci sono tantissime
curiosità su questo libro che mi piacerebbe raccontarvi, tanti aneddoti e altri
dettagli interessanti, ma non sia mai che possa rovinare la bellezza di
scoprirli attraverso le pagine. “Storia proibita di una geisha” è una lettura scorrevole
che ricordo con piacere, apprezzabile da chi ama viaggiare verso mondi e
culture lontane, semplicemente scorrendo le parole d’inchiostro tra le dita.
“Ogni geisha è come un fiore, bella in un
suo modo speciale e, come un salice, aggraziata, flessibile e forte”
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